Ferme le tradizioni messinesi nel 2021 a causa della Pandemia
Le tradizioni agresti del 2021 hanno subito un blackout a causa del Covid e dei suoi ultracontagi nel Messinese
A Bordonaro senza il “Pagliaio”
È proprio vero che l’Epifania ogni festa porta via…
Questa, infatti, appare l’ultima festa dei botti, che in pochissimi avrebbero voluto vedere visto il periodo odierno in pieno Covid. In provincia di Messina , alla distanza di quasi 8 Km dal centro città, c’è un piccolo paesino , chiamato Bordonaro. Il medesimo conta all’incirca 4.000 abitanti. Il nome trae origine dal termine latino “burdonarius”, “colui che conduce le bestie da soma”.
Potrebbe derivare da bardoni, mulattieri che conducevano gli asini quando il grano dalla città giungeva ai mulini di Bordonaro. L’Epifania è una tradizione a Bordonaro, dove si rinnova annualmente il tradizionale “ Pagghiaru” (Pagliaio, in italiano). La tradizione ha origini antichissime, infatti risale all’ XI secolo . Venne introdotta dai Padri Basiliani , che volevano festeggiare il giorno del Battesimo di Gesù.
Nel giorno dell’Epifania, appunto il 6 gennaio, la piazza maggiore di Bordonaro è teatro di un importante spettacolo , conosciuto in tutto il mondo con il nome di “U Pagghiaru “. Tanti giovani gareggiano arrampicandosi in una specie di capanno sospeso su un palo altissimo e abbellito di oggetti variopinti
Sembra che la sua forma rievochi quella dell’albero di Natale. Tale struttura sembrerebbe trarre lo spunto dal tipico rifugio usufruito nel passato in Sicilia dai pastori e contadini per la vita agreste. Per la realizzazione di questa manifestazione partecipano parecchie persone e la preparazione è assai lunga. Dai boschi circostanti vengono trasferiti fino al centro abitato pertiche e verghe, preferibilmente di castagno. Vengono trasportate frasche di acacia per costruire lo scheletro attorno a cui ruoterà il cerimoniale. L’insieme viene dislocato su un robusto palo, di nove metri circa . Su cadenze di battiti alternati e tecniche che solo l’esperienza ha fatto conseguire di generazione in generazione, si procede alla costruzione del “Pagghiaru”.
Con l’occhio attento degli anziani, sempre pronti a dare consigli, si salda il palo al centro della piazza. All’insieme viene aggiunta la crucera, un impianto concepito dall’incrocio di quattro travi all’interno di un cerchio di ferro . La crucera fa da collegamento tra il palo e la struttura campaniforme che lo stesso sorregge. Con pertiche intrecciate tramite lunghe verghe intessute nel telaio si riproduce una cupola come fosse un tetto, poi ricoperto di foglie di acacia. La mattina del sei Gennaio la campaniforme viene addobbata da arance, limoni, cotone idrofilo, cartoncino colorato e pane azzimo. Sulla sua vetta viene inserita una croce colma di arance, salsiccia, panini a forma di stella e nastro rosso.
L’assalto al “Pagghiaru” avviene dopo le cerimonie religiose e dopo la benedizione delle acque, nel tardo pomeriggio. Quando arriva il momento , gli “assaltatori”, impazienti di sfidarsi, si lanciano nel Pagghiaru. Con l’aiuto di parenti ed amici sperano di raggiungere freneticamente la cupola e toccare la croce. Il vincitore è colui che riesce ad impossessarsi della croce e del gruzzolo istituito come premio. Coloro che sono riusciti a salire nel fantomatico “albero della cuccagna” sono ritenuti vincitori. Iniziano a spogliare il Pagghiaru dalle arance, dai limoni e dalle ciambelle di pane, lanciandoli sulla folla, per dividere i beni , auspicio augurale . Il rito fonda le sue origini nelle antiche feste agrarie di matrice precristiana inclini a propiziare la fecondità della terra. A conclusione dello spettacolo , la folla si raduna nel vicino santuario , in cui il sagrato diviene teatro di un altro rito . Lì con un tocco di fascino e di interesse antropologico si attua la pantomima del “Cavadduzzu e l’omu sarbaggiu”.
È una specie di battaglia allestita. Con una danza al suono della banda musicale ci sono due uomini che indossano un’armatura raffigurante un cavallo, “u cavadduzzu” ed un altro con una corazza, un elmetto, una lancia e uno scudo, “l’omu sarbaggiu”. Le armature vengono create da canne di bambù e legno, anziché stoffa o cartapesta. Nelle feste siciliane hanno rilievo personaggi biblici, giganti, animali o diavoli. La caratteristica del “Pagghiaru” è che centinaia di petardi vengono fatti esplodere nel corso della battaglia-danza. Il valore dei due bizzarri personaggi sta nel riuscire a mimare i passi di danza incoraggiando lo sparo dei giochi d’artificio. Vince la battaglia, di pochi minuti, colui che spara l’ultimo colpo che generalmente è il cavadduzzu. La pantomima simboleggia la lotta del bene contro il male, residuo di quei riti magico-rituali che venivano celebrati nelle remote società agrarie . Ciò avveniva nei periodi in cui erano evidenti le incertezze del futuro, in inverno come auspicio per la rinascita della natura. Il “Pagghiaru “ di Bordonaro risulta, giorno di festa. I due riti , sebbene teatralmente differenti, conducono ad un simile significato : Il rinvigorimento della vita e della natura e il presagio di un roseo avvenire.
Quest’anno tutto annullato: le tradizioni agresti del 2021 hanno subito un blackout a causa del Covid e dei suoi ultracontagi nel Messinese. Ferme le tradizioni di paese a causa della Pandemia. Bordonaro è ovvio che nel 2021 è stato esente dal tradizionale “ Pagliaio ”. Come si suole dire a Messina(‘ A Bbuddunaru senza ‘u Pagghiaru). Tutto rimandato a tempi migliori, per offrire al nutrito pubblico di sempre uno spettacolo futuro senza paure.
Si aspetterà il prossimo anno, con la gioia di una manifestazione, nata ad opera dei “ ‘BBuddunaroti” (abitanti di Bordonaro) e legata ai riti e tradizioni popolari. Trapela una sola certezza, ovvero che gli italoamericani del paese non hanno mai dimenticato la loro terra. Essi sanno attendere per rivivere i momenti giocosi offerte dalle loro usanze, affinché continuino ad essere amate, divulgate ed apprezzate in tutti i paesi del mondo.