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Le origini del razzismo in Europa

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Il razzismo in Europa ha profonde radici. Esse si collocavano sia nell’Illuminismo sia nel risveglio religioso dell’epoca

Il razzismo in Europa ha profonde radici. Esse si collocavano sia nell’Illuminismo sia nel risveglio religioso che caratterizzava l’epoca.

Il pensiero illuminista si votava all’estetismo e per la natura. “Il bello è anche giusto, ha un determinato posto nella natura”. Questo atteggiamento era la conseguenza che aveva portato il deismo illuminista: sebbene, si aberrava il cristianesimo l’idea di Dio continuava a persistere nella cultura del tempo. Il mondo illuminista era caratterizzato dalla totale razionalizzazione della vita e vedeva nel dialogo la più alta forma di manifestazione dell’essere razionale e civile.

Ma allora, quando il pietismo religioso e i concetti illuministi si intrecciano?
Quando, alla fine del XVIII secolo dilagava il sacro culto della bandiera, della fiamma, della Nazione.
Nel frattempo, si risvegliavano gli interessi per il mondo primitivo. All’epoca le principali fonti circa tale mondo si riscontravano nella letteratura di coloro i quali avessero intrapreso viaggi di scoperta.

Gli antichi europei, dediti alla pastorizia, erano considerati superiori ai colleghi extraeuropei che venivano visti come dei barbari -non nell’accezione ellenica del termine. Inoltre, durante tutto il secolo si imponeva l’idea che il nero fosse pigro ed indisciplinato, immagine rafforzati ulteriormente dai commercianti marittimi rientrati in patria. Quando, i neri iniziarono a trasferirsi nelle grandi città delle madri patrie, Londra in particolare questi venivano emarginati e visti con disprezzo e timore soprattutto in vista dei matrimoni misti.

Tali concezioni non si fermavano né nei circoli elitari né presso il popolo: anche gli antropologi ritenevano che i neri fossero un pericolo. Ad esempio, Bumenach li riteneva ignoranti e estremisti ed opinava anche che questi non dovessero essere trattati con brutalità in quanto anche loro creati ad immagine di Dio. Tale visione era condivisa dai missionari cristiani.

Controversa la visione del nero nell’Europa del secolo, comunque questi non veniva considerato come una persona se non quanto un oggetto.

Accanto alla difficile e disumana situazione dei neri vi era quella degli ebrei. Già invisi e chiusi nei ghetti questi venivano totalmente ignorati ed estromessi dagli studi degli antropologi.
Il tentativo di riscatto e di emancipazione del suddetto popolo arrivava proprio da un antropologo, Dohm, il quale nel 1781, asseriva che questi essendo di razza bianca e caucasica erano suscettibili di educazione e dunque potevano essere integrati, rompendo così le righe con la tradizione medioevale e moderna.

Man mano, il concetto dell’uomo-bestia non scompariva e progrediva sempre più affondando radici profonde nel Vecchio Continente. Le specie “inferiori”, in quanto tali, potevano essere ridotte in schiavitù.

Ad esempio, sempre nel circolo degli antropologi vi era la convinzione che la piccola statura fosse indice di inferiorità di razza in quanto l’alta statura rappresentava l’armonia del bello. Sempre la bellezza dominava il giudizio ed i criteri della classificazione della razza.

Per concludere, il parallelismo fra Illuminismo e pietismo aveva creato una medaglia che non lasciava scampo a coloro i quali non appartenessero alla razza europea: dotta, bella, erede dell’edonismo ellenico e quindi in armonia con la natura da una parte; dall’altro la colpa degli ebrei di avere ucciso il Figlio di Dio li rendeva imperdonabili agli occhi dei cristiani -che continuavano il loro operato al difuori dei circoli degli intellettuali illuministi- e per questo erano stati chiusi nei ghetti dai gesuiti durante il Basso Medioevo.
Infine, i marinai che giravano per i mari di tutto il mondo non lasciavano scampo, con i loro racconti, ai neri africani di ritagliarsi un dignitoso ed umano posto nella civiltà europea.

Ecco quindi, come gli europei che colonizzarono tutto il mondo si siano fatti portavoce del più grave peccato: quello dell’inumanità e di un fortissimo atteggiamento di chiusura. Atteggiamento che rompeva le fila con la tradizione ellenica di cui gli illuministi prima e i romantici poi andavano tanto orgogliosi di esserne gli eredi.

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