Gabriele Lavia ha interpretato e dato voce per la prima volta a due favole di Oscar Wilde.
Giorni fa, Gabriele Lavia è tornato in Sicilia con il discusso, affascinante e tormentato Oscar Wilde.
Il noto attore e regista di origini siciliane, amatissimo e ormai di casa a Taormina, ha scelto la Sicilia e il magnifico palcoscenico del Teatro Antico di Taormina per raccontare alcune favole dello scrittore irlandese.
L’isola è stata l’ultima terra che Wilde ha visitato prima di morire e dove per un lungo periodo ha soggiornato, fortemente attratto dal clima arcadico e dalle suggestioni mitologiche che la stesa Taormina gli suggerì.
Gabriele Lavia ha interpretato e dato voce per la prima volta a due favole di Oscar Wilde. E’ stata una lettura basata sulla spontaneità, toccando in alcuni punti le corde di un’improvvisazione forse “teatrale” ma pur sempre autentica, capace di coinvolgere, in alcuni passaggi, lo stesso pubblico. Gli spettatori più di una volta sono stati protagonisti di riflessioni e chiamati a rispondere ad alcune provocazioni dell’attore. Dopo un excursus di aneddoti, in cui Lavia ha raccontato le proprie esperienze sul palco di Taormina, facendo appello alla memoria degli spettatori, l’attore ha introdotto la vita “dannata” e letteraria del grande Wilde. Un uomo amato, accolto e corteggiato dai più importanti salotti letterari del tempo. Cercato e conteso dalle più famose donne e uomini illustri degli ambienti culturali, ha dovuto fare i conti con i pregiudizi e l’inammisibile omosessualità, scelta che lo portò al carcere e a vivere una vita di isolamento e solitudine. Lavia attraverso “un librone” per bambini contenente le favole dell’autore inglese, da racconti passati è giunto alla morale del presente riportando l’attenzione ai giorni nostri. Elemento essenziale è stata la genialità di Wilde. Lavia ha sapientemente ricercato in questi testi il pretesto per abbandonarci all’ascolto di storie fantastiche, che alludono alle contraddizioni di una moralità che condiziona spesso la nostra vita.
Lo scrittore inglese si dedica alla scrittura delle fiabe alcune delle quali sono state create per i figli Cyril e Vyvyan. Sono storie malinconiche, popolate da personaggi memorabili. Principi ingenui, regine in incognito, giganti insicuri, usignoli generosi, fattucchiere piacenti, razzi vanitosi e nani da circo: l’intento era quello di divertire e, soprattutto, educare i figli a una vita giusta e felice. Tra le righe delle fiabe, la difficoltà di mantenere una doppia vita, tra un matrimonio di facciata e l’omosessualità difficilmente occultabile.
Lavia ha scelto per questa lettura: Il Principe Felice e Un ragguardevole razzo.
Entrambe hanno catapultato il pubblico nel mondo fiabesco e giocoso di Wilde, attraverso la mimica, i toni e gli sguardi di un attore attento a non cadere nel grottesco, sempre misurato e in sintonia con le atmosfere narrate.
La statua del Principe Felice e la piccola rondine protagonisti del racconto, non sono che due varianti del carattere di Wilde: mondano e godereccio l’una, malinconica e compassionevole l’altra. Attraverso una critica alla società vittoriana inglese lo scrittore mette alla gogna politici, intellettuali cattedratici, una famiglia borghese. Wilde esalta i bambini che nella loro ingenuità vivono di sogni e se la prende con chi, da intellettuale scettico e razionalista, ridimensiona le loro fantasie.
Il razzo eccezionale invece è una novella sarcastica, una divertente satira dell’ipocrisia borghese: protagonista del racconto, infatti, è un razzo egocentrico ed arrogante. Autoproclamatosi protagonista di uno spettacolo pirotecnico organizzato dal re, constaterà a proprie spese quanto sia poco saggio trattare gli altri in maniera irrispettosa e come l’arroganza, alla fine, non paghi.
Uno spettacolo elegante e sobrio, in cui ahimè, il poco pubblico presente ha applaudito e apprezzato la raffinatezza indiscussa di Lavia, perchè purtroppo di questi tempi troppo spesso la sobrietà e l’eleganza della cultura, sembrano sopraffatte da un inutile e malsano rumore vuoto di significato e morale.