Siamo in compagnia di S.E. Alfredo Durante Mangoni, Ambasciatore d’Italia in Romania.
Eccellenza, lei da poco più di un anno è in Romania. Come ha trovato questo Paese, dal punto di vista anche di un tema che le sta molto a cuore e che conosce molto bene, l’anticorruzione.
Saluto tutti i nostri ascoltatori e sono molto contento di aver iniziato la mia missione in Romania poco più di un anno fa. É un Paese che negli ultimi anni ha attraversato anche un periodo di relativa turbolenza sul piano politico e sociale e che sembra adesso aver ritrovato una certa stabilità, anche politica, con un governo di larga coalizione. Certamente ci sono dei problemi, delle tare antiche. lei ha fatto riferimento al tema della corruzione diffusa, che purtroppo affonda le radici in un passato che fa fatica ad essere dimenticato e, naturalmente, la Romania presenta una serie di problemi legati al fatto che è una giovane democrazia, un paese di recente adesione all’Unione Europea che deve consolidare e irrobustire una serie di presidi di valori democratici e di piena affermazione dello Stato di diritto che consentiranno anche una maggiore prosperità della popolazione e una fiorente attività economica. Le premesse ci sono perché è un Paese ricco di risorse e dove la popolazione è mediamente ben istruita, dove sono molto diffuse le competenze digitali. Quindi nel complesso io posso dire di essere molto ottimista sul futuro della Romania.
In che modo l’Ambasciata italiana in Romania promuove il commercio e la cultura tra i due Stati?
L’Ambasciata parte dal presupposto che tra i nostri due Paesi, tra i nostri due Popoli, esistano legami molto profondi, radici storiche e linguistiche culturali che costituiscono un substrato molto propizio per lo sviluppo, anzitutto, della collaborazione economica. Lo abbiamo visto in questi trent’anni, e cioè dall’arrivo delle prime, piccole e medie imprese italiane, soprattutto del Sud Italia, nel Nord Nord-Est, del Triveneto, che hanno investito in attività imprenditoriali soprattutto nell’ovest del Paese, nella regione di Timisoara. Mi fa molto piacere questo accostamento della dimensione economica e della dimensione culturale, perché lo sforzo dell’Ambasciata si basa appunto su un concetto di promozione integrata che vuole presentare al pubblico romeno, ai consumatori ma anche ai fruitori delle attività culturali, il marchio Italia nel suo complesso, quindi il modo di essere dell’Italia e degli italiani, il nostro stile di vita e quindi attraverso la promozione meramente commerciale di un prodotto, c’è anche un invito, un messaggio a godere ed a gustare delle bellezze del paesaggio italiano, dei nostri territori, della nostra e del nostro sconfinato patrimonio culturale, ma anche stimolare un’esperienza come può essere l’iscrizione a un corso universitario o un viaggio, e quindi a conoscere meglio, tante e tutte le diverse espressioni del nostro Paese in tutti i campi.
Il sistema bancario romeno durante la pandemia, insieme alla politica, ha aiutato le aziende ed i lavoratori italiani e romeni?
La pandemia ha colpito duramente la Romania e ci sono state diverse ondate nel Sud. E soprattutto il momento più drammatico è stato la primavera del 2020, quando tantissimi studenti italiani hanno fatto ritorno alle loro case e alle loro famiglie in Italia, attraverso anche uno sforzo straordinario delle istituzioni italiane, dell’ambasciata e del Ministero degli Esteri, in collaborazione con le autorità romene. La risposta alla pandemia, anzitutto, visto dal punto di vista dell’intervento delle autorità e delle banche. Le banche hanno adottato una moratoria sui prestiti. Il governo ha incentivato quelle imprese che hanno saputo prontamente riconvertire le loro produzioni dedicandosi alla produzione di materiale sanitario, mascherine e disinfettanti. E sul piano dell’impatto sociale sono stati introdotti degli ammortizzatori sociali, per cui una consistente percentuale dello stipendio è stata assicurata anche ai lavoratori che rimanevano a casa. La pandemia ha riconfermato gli stretti legami e la solidarietà esistente tra l’Italia e la Romania. Voglio ricordare che nel corso delle fasi più acute della pandemia, un team medico sanitario rumeno si è recato in Italia per contribuire alla risposta del nostro sistema sanitario al contagio e viceversa. Nell’autunno del 2021, da parte italiana sono state donate oltre centomila dosi di anticorpi monoclonali attraverso il meccanismo dell’Unione europea, il meccanismo di protezione civile dell’Unione europea che è stata una risposta di solidarietà da parte italiana.
Quali sono le prospettive e le opportunità per le aziende italiane in Romania nel post-Covid?
Direi al di là del Covid, bisogna dire e premettere che Italia e Romania, formano due sistemi economici fortemente integrati, dove ci sono catene produttive del valore molto, molto strette, alimentato da questo tessuto di piccole e medie imprese che operano in Romania. La Romania ha un grande bisogno di modernizzazione in diversi campi, a cominciare da quello delle infrastrutture, e può godere di risorse europee molto ingenti e molto significative. Circa 30 miliardi di euro è la dotazione delle PNRR della Romania. Le imprese italiane che hanno esperienza del Paese, conoscenza del territorio, hanno delle competenze, del know how che hanno potuto mettere a punto e sviluppare nel corso di questi tre decenni che sono ben posizionate per poter cogliere ottime opportunità di affari e di investimenti, direi in tutti i settori, a cominciare dalle infrastrutture, perché è quello in cui si avverte maggiormente il bisogno di colmare il divario tra la Romania e la media europea. Ma anche nel settore della manifattura, manifattura avanzata, la tecnologia, l’industria agroalimentare, l’energia, l’energia rinnovabile. Noi abbiamo importanti presenze di tre grandi gruppi italiani in questo Paese e quindi direi che le imprese italiane sono in grado di offrire un contributo in tutti i settori di attività, allo sviluppo e alla modernizzazione della Romania, a partire dall’implementazione nell’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Come viene affrontata, in Romania, la guerra russo-ucraina e qual è la reazione della politica al fatto che la Russia usi l’energia come arma?
Lo scoppio della guerra con l’aggressione russa all’Ucraina è stato un campanello d’allarme per la Romania, anche per la Romania, che con l’Ucraina condivide un confine molto lungo 600 chilometri di frontiera. L’atteggiamento della Romania è sempre stato molto diffidente nei confronti della Federazione Russa. La Romania è un partner molto leale dell’Alleanza Atlantica. Otto caccia Eurofighter hanno assicurato questa missione di sorveglianza aerea da dicembre a luglio e torneranno poi alla fine dell’anno. Voglio anche dire, in relazione alla guerra, che da parte europea e della comunità internazionale più in generale, bisogna dare atto alla Romania di aver saputo attentamente gestire la frontiera esterna dell’Unione Europea, ciò rafforza anche l’aspirazione della Romania di entrare definitivamente nello spazio Schengen, la manifestazione importante di solidarietà, il grande sforzo di generosità che è stato compiuto non solo dal governo, ma anche dalle persone comuni, dalla società civile che si è distinta nell’assistenza ai profughi e agli sfollati provenienti dall’Ucraina. 1.100.000 ucraini complessivamente sono venuti in Romania. Molti di questi, per la verità, sono già rientrati nelle proprie case, nel loro paese di origine e la Romania, in questo momento è il paese che si sta attrezzando meglio per far fronte alle esigenze di medio lungo periodo di assistenza e di integrazione, assistenza sanitaria e integrazione socio lavorativa di profughi e sfollati provenienti dall’Ucraina. Questo è un esperimento molto interessante; proprio in questi giorni sono riuniti a Bucarest i rappresentanti di una trentina di paesi europei e la Romania si è fatta promotrice di uno sforzo sul futuro delle politiche di integrazione dei rifugiati ucraini.
Come si sta muovendo in Romania la politica sui problemi climatici ed energetici?
La Romania è un Paese che ha una matrice energetica molto equilibrata. Voglio dire che l’energia che viene consumata in questo Paese proviene da diverse fonti, dal l’idroelettrico, dal gas, dal carbone e dal nucleare; c’è una significativa componente di nucleare e dalle energie rinnovabili. La Romania ha accolto con evidente favore il riconoscimento del gas e del nucleare come energie, come fonti energetiche di transizione, nel quadro del piano europeo e ha adottato, come altri Paesi, misure di contenimento dei prezzi e delle tariffe per proteggere le fasce di consumatori più vulnerabili. Devo dire che l’applicazione di questo meccanismo di compensazione ha suscitato non poche critiche anche da parte delle autorità regolatorie e vedremo adesso quale sarà il giudizio della Commissione Europea rispetto alla conformità con il diritto dell’Unione Europea. Queste misure stanno avendo anche un impatto sui principali distributori di energia elettrica e quindi noi siamo molto interessati, evidentemente in funzione dell’attività che svolgono qui le imprese italiane. Direi, in conclusione, che in Romania si verifica quello che succede anche altrove e che è molto importante che si giunga ad uno sganciamento del prezzo dell’elettricità dal prezzo del gas, perché dobbiamo sempre più fare in modo che l’energia prodotta da fonti rinnovabili possa avere quell’effetto stabilizzante, stabilizzatore, nel lungo periodo sui prezzi e sulle tariffe, perché evidentemente è un costo, implica un costo che azzera sostanzialmente o riduce al minimo l’impronta di carbonio, cioè l’impatto ambientale collegato alla modalità di produzione dell’energia. Quindi per la Romania le sfide in campo energetico sono importanti, ma dobbiamo anche riconoscere che partono da un livello molto basso di dipendenza dal gas, dal gas e dal petrolio russo, molto minore rispetto a quello dell’Italia.