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“Stitches”, oggi al Cineforum Don Orione

Stitches
Una donna crede che il suo bambino appena nato sia stato rubato 18 anni prima. Ossessivamente, combatte la polizia, la burocrazia ospedaliera e persino la sua famiglia per scoprire la verità.

Stitches – Un legame privato

Regia di Miroslav Terzic. Un film con Snezana Bogdanovic, Jovana Stojiljkovic.

Genere Drammatico.

Ana ha un piccolo negozio di sartoria a Nuova Belgrado, una figlia adolescente e un marito che lavora come guardiano notturno. Un appartamento grande il giusto, un ménage piccolo borghese, una quotidianità apparentemente senza scosse. Ma dentro di sé, da anni, la donna è rosa da un interrogativo: che fine ha fatto suo figlio? Morto subito dopo la nascita, diciotto anni prima, il bambino non le è mai stato mostrato. Ana non sa nemmeno dove sia stato sepolto, e per quanto provi a ricavare queste informazioni, la burocrazia dell’ospedale fa di tutto per ostacolarla. Lentamente Ana si convince che suo figlio non sia morto, ma che qualcuno lo abbia rapito. E tuttavia nessuno nella sua famiglia è disposta a crederle. Appoggiare la sua tesi, infatti, costringerebbe tutti a rinunciare a vivere la serenità del presente.

A Nuova Belgrado, la east side della Città Bianca, sembra che non abiti nessuno. Le strade sono vuote. Negli androni dei palazzi, alti e anonimi, rimbombano i passi degli inquilini che si avviano su per le scale, ciascuno chiuso nella propria “bolla” familiare.

Le persone si parlano poco, certamente non si ascoltano. La modernità non ha inciso sull’organizzazione patriarcale del ceto medio, e anche se le donne lavorano, come e più degli uomini, negli uffici del potere la loro parola continua a contare di meno. E la burocrazia è sempre il nemico, spaventosamente ottuso e grottesco. Proprio come trent’anni fa.

È un thriller dall’andamento lento, rarefatto e quasi senza tempo (non fosse per il tema, che lo contestualizza nei primi anni del 2000), quello che il regista Miroslav Terzic appoggia sulle spalle dell’eccellente protagonista Snežana Bogdanovic, nei panni di una donna spezzata da una verità in cui crede, e che vede, solo lei. Un film che deve molto a Roman Polanski per l’inquietudine che anima la protagonista Ana e in generale tutta la vicenda, continuamente in bilico tra l’essere una fantasia folle o una cruda verità, e che sposa in più di un’occasione un pedinamento dei personaggi alla Van Sant, con la camera alle spalle a significare, di volta in volta, aderenza emotiva o agguato. (mymovies)

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