Da Emanuele Costa riceviamo e pubblichiamo
La Repubblica annuncia che sarà resuscitata la Stretto di Messina spa, ovvero quella società che dal 1981 al 2013 è costata allo Stato Italiano oltre 300 milioni di euro per la realizzazione di studi di fattibilità e progetti sul PONTE di MESSINA.
Quante infrastrutture necessarie ed urgenti per lo sviluppo socio economico della Sicilia si sarebbero potute realizzare con 330 milioni di euro?
E pertanto, quanto lavoro si sarebbe potuto dare ai giovani siciliani e quale volano economico avrebbe rappresentato l’investimento di una tale somma per l’ammodernamento delle infrastrutture dell’isola?
Purtroppo si continua ad inseguire il sogno del Ponte sullo Stretto, come se fosse la panacea di tutti i mali siciliani, mentre sulla A18 Messina-Catania si viaggia in emergenza su unica corsia a doppio senso di marcia per una frana avvenuta nel lontano 2015; sull’autostrada A 20 Messina-Palermo vi è un manto stradale colabrodo, le barriere di sicurezza sono vetuste e non a norma, i viadotti sono in uno stato di degrado così elevato da dovere essere percorsi a corsia unica centrale per evitare il pericoloso transito di carichi eccentrici; molti sopra passi, a rischio crollo, sono stati demoliti e mai più ripristinati: tutto ciò, anche a causa di una precaria segnaletica che induce in confusione l’automobilista, determina una percorrenza rischiosa soprattutto nelle ore notturne.
Sulla A19 Catania-Palermo la mancata programmazione della manutenzione ha determinato l’apertura contemporanea di decine di cantieri che rendono questo tratto autostradale un percorso ad ostacoli;
per la realizzazione dell’autostrada Siracusa-Gela ci vorranno ancora molti anni;
la Ragusa-Catania, dove non sono neanche iniziati i lavori, sembra essere una chimera.
Nota comune di quasi tutte le autostrade siciliane, sono la presenza di gallerie non illuminate e di innumerevoli lampioni spenti lungo gli svincoli autostradali, all’ingresso delle aree di sosta e servizio e lungo quelle bretelle di tangenziali più trafficate, tutti tratti che, invece, dovrebbero essere illuminati per garantire una maggiore sicurezza agli automobilisti.
E non è mancato proprio nulla in questi anni alle povere autostrade siciliane, come il sequestro da parte della magistratura di gallerie con conseguente interdizione al traffico veicolare perché infrastrutture non ritenute sicure.
E cosa non si può non dire delle tratte ferroviarie che per decine di Km sono risalenti alla fine dell’ottocento?
È presente, infatti, un binario unico che impone un cospicuo aumento dei tempi di percorrenza, sia per i limiti di velocità che devono essere osservati a causa di tracciati risalenti alla fine dell’ottocento, sia per i lunghi tempi di fermo in stazione che sono obbligatori per effettuare gli incroci con i convogli che marciano nella direzione opposta.
In queste condizioni è il tratto Patti-Castelbuono della linea Messina-Palermo, poi il tratto Giampilieri Fiumefreddo della linea Messina-Catania, la linea Catania-Siracusa, la linea Catania-Palermo via Caltanissetta che, tra l’altro, ha elevatissime pendenze.
Sembrerebbe impossibile, ma la nostra isola vanta anche numerosi anacronistici percorsi ferroviari non solo a binario unico ma anche non elettrificati, ove si muovono inquinanti e vetuste locomotive a gasolio: si tratta della Catania-Gela, della Palermo-Alcamo e della Alcamo-Castelvetrano-Trapani.
Così i tempi di percorrenza per andare in treno da Trapani a Palermo sono di 4 ore e mezza, mentre per andare da Gela a Catania sono necessarie tre ore e mezza ed, infine, per raggiungere Palermo partendo da Catania si impiegano oltre tre ore.
E poi, ancora, potremmo descrivere le condizioni pessime della quasi totalità delle strade statali, delle provinciali e delle strade interne montane che risultano prive delle basilari condizioni di sicurezza.
Nel concludere, mentre la nostra regione sembra essere l’isola del turismo dalle strade e ferrovie impossibili, si continua ad inseguire la luna con il colpevole spreco di fiumi e fiumi di denaro pubblico…