Un’intervista dal sapore siciliano, quella che “accarezza” l’arte messinese culinaria di un tempo. È un flash-back nel passato. Ricette, vere, autentiche, della Messina di una volta.
Presso il noto bar “Casaramona” del centro di Messina, incontriamo il giornalista, scrittore e storico messinese, Nino Sarica. Tra i premi prestigiosi a lui consegnati: Premio Colapesce, Targa Antonello da Messina. Le riviste che lo hanno coniato uomo colto, l’Archivio storico messinese, Rivista storica calabrese, Moleskin. Tra le sue opere Messina greca. Messina tremò all’alba. Il terremoto del 28 dicembre 1908. È in compagnia di un suo caro amico, anche lui giornalista, Sergio Di Giacomo, che ha organizzato la conversazione. Nino, oltre ad essere giornalista pubblicista della più nota testata di Messina , “La gazzetta del sud”, è scrittore di tutto rispetto. Il regalo prezioso che ha fatto ai suoi lettori, prende lo spunto dall’85’ compleanno. È per la sua immensa sapienza che va gratificato. Il prezioso repertorio, che lo vede protagonista di tanti bei libri già pubblicati, affascina giovani ed anziani. Da menzionare anche la bellezza artistica di un volumetto di Sarica. Sono Filastrocche, il cui titolo è tratto da un verso “La corona del re”.
Certo, il giornalista è originale anche qui, sia per l’intestazione che per la fedeltà al vero dialetto di Messina città. Se ne cita un piccolo versetto: Pedi, pedi, pedali. Annamu a Roma a’ccumpagnari la curona di lu Re. Quantu fannu cinqu e sei”. Si può affermare che le filastrocche sono di una beltà, che riporta in un mondo incantato, in cui la lingua messinese, è alta purezza letteraria. L’interesse per la cucina è nel libro “Del cucinare in riva allo Stretto, con sottotitolo 73 ricette messinesi”, già pubblicato nel 2003 dalla società messinese “Storia patria”. Sono passati circa venti anni da allora… Dietro il volumetto c’è il contributo fondamentale della sua mamma, Dea ispiratrice, che gli ha dettato le ricette originali, ripetute e corrette verbalmente, per essere totalmente conformi a quelle che alla stessa aveva tramandato a sua volta la sua mamma. Libro molto interessante, dove la squisitezza della forma e lo stile “Saricaiano”, sembrano divenire un unicum con la bontà della cucina dello Stretto. Le ricette presenti, curate nei minimi particolari , ancor prima di leggerle, destano curiosità a prescindere dallo stimolo della fame alla sola lettura. Risvegliano “l’acquolina in bocca”, insomma, come già a pregustare con appetito ogni pietanza. La vera autenticità appare nella corrispondenza rispettosa dell’intellettuale nei confronti della mamma, che andata via all’età di 92 anni, gli ha lasciato in eredità le sue ricette antiche. È da notare come gli ingredienti sono variate nel tempo. Una volta nel ragù o sugo non si usava l’olio, ma lo strutto detto “sugna o saimi ”. Nino ha scritto un libro, intitolato: Lo Stokkfish venuto dal gelo, Della cultura del Pescestocco a Messina, dedicando ampio spazio al Pescestocco. È ritenuto il piatto tipico di Messina, una volta piatto dei poveri. Oggi si sa che è d’élite, per il suo alto costo. Le varianti delle ricette del libro sono: Pescestocco a ghiotta, P. con piselli, P. fritto al pomodoro, P. con aglio e prezzemolo, P. arrostito, ventre di Pescestocco. I piatti particolari del libro sono quelli tipici delle feste. Tutte ricette gustosissime e volutamente povere. Sarica tratta le ricette del mangiare magro, quelle della Quaresima e di Pasqua, anche della domenica. Interessante la ricetta del Ciusceddu. Come diceva la poetessa Maria Costa, occorreva tenere il fuoco vivo nella brace, dunque si soffiava( ciusciava) con una paletta detta “muscaloru”. Da qui il termine ciuscieddu. Qui spiega la provenienza e consegna ai lettori la ricetta messinese tradizionale. Nel libro è presente la pasta e muddica( pasta con la mollica), pasta ‘ncaciata, u ‘suffrittu( polmone), i spinci, i pituni. La terminologia messinese è assolutamente precisa, da non storpiare con quella degli altri sobborghi o villaggi messinesi. Il giornalista sulla pasta’ncaciata dà un’ulteriore precisazione, infatti si chiama proprio così e non pasta incasciata. Ribadisce che sia probabile che il termine ‘ncaciata derivi da cacio, tuttavia se dovesse derivare da cacio, non è possibile che sia nata a Messina, poiché lì il cacio a Messina è detto “fummaggiu”, formaggio. Allora perché ‘ncaciata? Vuol dire portare sulla brace il fuoco vivo sotto e sopra. Rigorosamente tra gli ingredienti non potevano mancare le melanzane. Il tipo di pasta utilizzata era la pasta liscia, catanisella, che era quella che faceva scivolare maggiormente il ragù. Questo era il primo piatto del 15 agosto, che i messinesi denominavano mezz’agosto, ora ferragosto. Come lo scrittore-giornalista afferma, era consuetudine prepararla il giorno della Regina delle Madri, per la festa dell’Assunta, anche Regina del Ferragosto. Il secondo piatto di tale ricorrenza era “ ‘U iadduzzu”, il galletto. Ci si chiede perché il galletto. Intanto questo animale è simboleggiato nel duomo di Messina, dove allo scoccare delle 12,00, il suo canto si ode ad ampio raggio cittadino. Il racconto del giornalista procede nei minimi particolari. Una volta si allevava in casa e all’alba si era svegliati dal caratteristico canto. Moltissime famiglie, che abitavano al piano terra tenevano le gabbie dei galletti fuori dalla porta. Dalla vigilia di mezz’agosto, silenzio assoluto, poiché essi facevano la fine destinata a chi deve essere portato in tavola, quindi venivano spennati e cucinati. Di poi si procedeva con “U muluni d’u faru”, la cosiddetta anguria proveniente dalla zona di Faro. I dolci che completavano erano i ‘nzuddi e piparelli”, biscotti che venivano bagnati nel Marsala. È davvero indispensabile leggere e cucinare queste ricette antiche messinesi di Nino Sarica. È qui che rammenta le infinite volte che, dopo averle scritte e lette, la sua mamma gliele faceva ripetere, correggere e ricorreggere tante volte, perché fossero sempre più coerenti a quelle tramandate dalla sua mamma e dalla sua nonna. La bella intervista con un intellettuale di grande pregio sta per volgere al termine. Gli chiediamo cosa vorrebbe dire agli italiani all’estero. Il giornalista li saluta affermando che costoro sono dovuti, per giusta scelta, andar via dalla propria terra alla ricerca di un lavoro e una migliore situazione economica , insomma alla ricerca di fortuna. Esorta, tuttavia, di non dimenticare mai il loro paese nel quale sono nati.
Raccomanda di leggere e cucinare quelle ricette contenute nel prezioso e unico documento del suo libro “Del cucinare in riva allo Stretto con sottotitolo 73 ricette messinesi”. Sono testimonianza da perpetuare, ricette, rimembranza di antiche tradizioni culinarie messinesi. Eredità per altri italiani, perchè, il loro ricordo e la prelibatezza dei succulenti piatti, divenga memoria storica incancellabile.