“Tra pochi giorni sarà trascorso un anno dall’inizio della tragedia che ha condotto le truppe russe in Ucraina.
Una tragedia per due popoli, quello russo e quello ucraino, due popoli che hanno un’origine storica comune e che insieme hanno superato momenti positivi e momenti negativi, grazie alla forza della collaborazione. Si pensi all’invasione nazista dell’Ucraina e della Russia, si pensi al tempo dell’Unione Sovietica.
E proprio dopo la caduta del blocco sovietico la speranza di tutti è stata quella di vedere una grande Europa unita, fondata sui principi della pace e della collaborazione: tutto ciò purtroppo non è avvenuto ed è facile sempre puntare il dito contro gli altri. Come monaci, ma in primis come cristiani, sappiamo in cuor nostro di chi sono le colpe. Dovrei non esprimere parola ma non posso, perché questa è la settimana dell’unità dei cristiani.
Ci troviamo quest’oggi in Sicilia a dare l’acqua del Giordano a fedeli che appaiono disorientati perché troppo poco si parla dei fedeli che non sanno dove rivolgersi; anche negli ambiti ecclesiastici è penetrata una secolarizzazione pericolosa senza capire che ucraini e russi si sentono uniti nella comune fede ortodossa.
Ci stupisce molto il silenzio soprattutto da parte della Chiesa maggioritaria.
Posso parlare della situazione che vivo in Calabria personalmente: nella Locride, dove opero, i rapporti ecumenici tra i fedeli delle varie confessioni cristiane risultano avviati da oltre un trentennio anche se sporadici negli ultimi 15 anni. Tra l’altro, da anni sembra diffondersi un po’ ovunque assenza di un effettivo dialogo mentre questa occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani rischia di ridursi ad una sterile formalità consuetudinaria”.