A essere modificati, per la prima volta nella storia dell’Italia repubblicana, sono stati infatti due principi fondamentali della Carta, ovvero gli articoli 9 e 41, attraverso i quali è stato sancito l’obbligo della Repubblica di tutelare l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, in un’ottica di giustizia anche verso le future generazioni.
Una riforma di tale portata, che accelera il passo verso l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, non può non determinare importanti cambiamenti delle politiche e dei comportamenti degli operatori economici, sociali e istituzionali.
Ma perché è stato importante questo passaggio?
Risponde Francesco Cancellieri Presidente di AssoCEA Messina APS: “il nuovo comma 3 dell’art. 9 Cost., nel prevedere che la Repubblica (dunque, tutti gli enti della Repubblica) “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”, detta un criterio generale di azione dei pubblici poteri improntato alla protezione dell’ambiente. Il criterio vincola oggi direttamente le istituzioni nazionali, anche a prescindere da ulteriori specificazioni normative: così, la previsione ribadisce sul piano interno il principio di integrazione delle esigenze ambientali nelle scelte pubbliche, già espresso dall’art. 11 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea”
Riprende Francesco Cancellieri: “Sempre nell’art. 9, comma 3, essenziale è il richiamo alle generazioni future: il riferimento colora l’azione dei pubblici poteri a tutela dell’ambiente di una profondità intergenerazionale, in linea con quanto previsto da altre costituzioni europee (per esempio, quella francese, tedesca, polacca, portoghese, svedese) e, prima ancora, dal principio dello sviluppo sostenibile, riconosciuto a livello internazionale, europeo e nazionale (all’art. 3-quater del Codice dell’ambiente): quel principio impone infatti di perseguire uno sviluppo che assicuri il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri (così, la definizione del Rapporto Brundtland pubblicato dalla Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo nel 1987).”
Tuttavia avere salutato questa modifica “epocale” è abbastanza ingeneroso nei confronti di quanto esistente; quasi a dire che negli ultimi trentacinque anni l’ambiente è stato assente dall’orizzonte cognitivo della tutela e della produzione.
In altri termini, il valore simbolico è certamente molto elevato ma il suo significato è soprattutto lessicale perché nel 1986 veniva istituito il Ministero dell’Ambiente e la mole di leggi, regolamenti, ordini e discipline di settore (con il suo corredo di Pubblica amministrazione) è, quantomeno, imponente.
Non solo, la Corte costituzionale – negli anni – ha costantemente affermato il valore dell’ambiente e dell’ecosistema come beni costituzionalmente protetti e in tale alveo l’iniziativa economica doveva porsi in modo rispettoso per evitare danni sanitari e ambientali. Così consacrando l’interesse ambientale nell’economia.
Ad esempio, il bilanciamento tra tutela della libertà di iniziativa economica e tutela dell’ambiente è già presente nel PNRR nel quale tutti gli interventi sono subordinati al rispetto della formula Dnsh (Do no significant harm); cioè, non fare danni significativi. Comunque ora, sul punto, siamo davvero i più bravi d’Europa.
Quindi facciamo gli auguri all’Ambiente in Costituzione … ma siamo convinti che ognuno di noi deve agire per il bene ed il rispetto della casa Comune!
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(la Legge Costituzionale 11 febbraio 2022 n. 1 recante “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente” è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 44 del 22 febbraio 2022
Articolo 9: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.