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Amianto nelle Industrie Meccaniche Siciliane: conto alla rovescia per l’udienza in Cassazione per il prepensionamento di Calogero Vicario e altri 9 operai

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Intanto la barba che il metalmeccanico ha lasciato incolta per protesta da oltre 1000 giorni ha raggiunto i 25 centimetri

La storia di Calogero è quella di tanti, troppi operai che pensavano di aver trovato un lavoro dignitoso per mantenere le loro famiglie e si sono trovati a combattere contro un mostro. Adesso ha 61 anni e i bronchi pieni di amianto che respirava nelle Industrie meccaniche siciliane dove ha lavorato per tanto tempo. Quattro o cinque volte l’anno combatte con brutte bronchiti e ha un deficit respiratorio del 38%. Qualsiasi piccolo sforzo lo affatica moltissimo e deve sempre portare con sé un broncodilatatore. Negli ultimi mesi si è sottoposto a una Tac che ha, purtroppo, portato alla luce diversi noduli, ed è quindi sotto stretta sorveglianza sanitaria. Ricorda sempre che almeno 20 suoi colleghi sono venuti a mancare in questi anni a causa dell’amianto. Così come in tutte le fabbriche in cui veniva usato il minerale killer.

Vicario, che per protesta da più di 1000 giorni non taglia i capelli e la barba, che ha raggiunto i 25 cm di lunghezza, aveva ottenuto, insieme ad altri 9 colleghi, i benefici amianto e quindi il prepensionamentoDiritti negati in Appello. Ora la loro battaglia è in mano ai giudici ermellini che decideranno sulle loro vite. “Quel giorno voglio esserci fisicamente. Mi andrò a sedere davanti la Cassazione. Voglio portare ancora una volta la mia testimonianza e lo farò insieme a mia figlia. Non ci aspettiamo nulla di particolare, anche perché moralmente mi sento di avere già vinto” – dichiara l’ex operaioche sottolinea – “siamo riusciti, anche grazie all’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, e all’onorevole Pippo Gianni, ex sindaco di Priolo Gargallo, a scoperchiare il vaso di Pandora. Nessuno prima del 2009 in Sicilia parlava di amianto. Ora ci affidiamo alla Suprema Corte, per capire se è giusto che per un cavillo dobbiamo essere trattati come delinquenti, perché è di questo che si tratta. L’INPS ci ha anche chiesto indietro il denaro che ci ha concesso dopo la sentenza di primo grado, che avevamo vinto. Negli anni abbiamo ammortizzato la spesa, ma abbiamo pagato sulla nostra pelle questa ingiustizia. E con noi le nostre famiglie. Mi è costata anche la protesta che si è concretizzata con il mancato taglio di barba e capelli. È stato difficile, anche a livello psicologico. Eppure ho sempre pensato di essere nel giusto e che non dovevo assolutamente mollare”.

Le patologie asbesto correlate sono gravissime e possono manifestarsi anche 30 o 40 anni dopo l’esposizione. Per questo l’Ona continua a lottare per i diritti delle vittime e delle loro famiglie.

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