Entro due mesi circa, la Corte dei Conti dovrebbe pronunziarsi – per usare le parole del Sindaco Basile – “definitivamente”.
Tifo per il Comune.
Non sono nelle condizioni di entrare nel merito ma tifo per il Comune di Messina.
Nel tempo, in più occasioni, si è parlato o si è invocata una “operazione verità”.
L’unica verità che – a me pare – residuare è quella di regolamenti di conti che non essendo praticabili nella cabina elettorale vengono auspicati per via giudiziale. Questa volta da parte della magistratura contabile.
Spero, alla luce delle norme e delle sentenze, che il Comune riesca a dimostrare
- che l’ente può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili;
- che non esistono nei confronti dell’ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte;
- che non vi sia stato consumo di risorse eccedenti la disponibilità dell’Ente.
Traduzione. Non vi sia stato un uso dilatorio del piano di riequilibrio.
Sul dissesto, in più occasioni, ho rammentato che se non esiste un “dissesto a sentimento”. Se c’è occorre (occorreva) dichiararlo. Se non c’è non si può (non si poteva) dichiararlo.
La decisione di dichiarare lo stato di dissesto finanziario non può essere frutto di una scelta discrezionale. Trattasi di determinazione vincolata ed ineludibile in presenza dei presupposti di legge.
Veniamo al punto dolente o – se vi vuole – pruriginoso che qui si tratta in astratto.
La dichiarazione di dissesto non comporta automatiche sanzioni economiche o interdittive per gli amministratori degli ultimi due mandati.
Vengono colpiti solo i fautori che non hanno adottato presidi di buon governo dinnanzi agli indicatori di instabilità e criticità finanziaria.
Occorre cioè dolo o colpa grave.
Ancorché in seno alla medesima Corte, occorre che le singole responsabilità vengano acclarate. Così come serve a poco o a nulla distinguere tra “politica” e “amministrazione”, a poco o a nulla a poco o a nulla serve una sorta di imputazione nel concorso per essersi stretti a coorte.
Cosa è sindacabile?
Va riscontrato l’elemento soggettivo richiesto anche per i singoli addebiti nella condotta di tutti coloro i quali abbiano continuato ad approvare o ad apporre pareri favorevoli, nonostante persistente difficoltà nel riscuotere le entrate proprie; cronico ricorso ad anticipazioni di tesoreria; mantenimento in bilancio di elevati, datati, dubbi residui attivi; infedele rappresentazione contabile dei rapporti con le società partecipate; presenza di debiti fuori bilancio di rilevante ammontare e di passività ancora da riconoscere; approccio ragionieristico di mera apparenza utile per il risultato formale del pareggio.
Ed allora non vi è un unico calderone. Sulla eventuale brace solo quelli a cui ascrivere precise responsabilità giuridiche.
Si registrano, per esempio, sentenze in cui si è differenziata le responsabilità in relazione all’apporto causale, escludendo quella dei componenti della giunta ad eccezione di Sindaco e Assessore al Bilancio.
Detto ciò, non rientro certamente tra coloro che si sono lasciati incantare dalle narrazioni social-mediatiche sul cambio di passo, sulla migliore amministrazione degli ultimi trenta anni, sulla liberazione della città.
In buona misura gli indici della qualità della vita ci dicono che vi è molta strada ed è in salita. In ottima misura, le scelte ci dicono che vi è stata una redistribuzione di patenti di verginità nella classe dirigente o pseudo dirigente.
Rientro, certamente, tra coloro che non sono riusciti a persuadere il cittadino in ordine ad una alternativa.
Questo il punto. L’alternativa non si declama a ridosso della chiamata alle urne. Si costruisce dal giorno dopo una sconfitta. Si costruisce anche quando si vince.
Emilio Fragale