Le opere, tutte senza un nome, come amava fare l’artista per concedere allo spettatore l’opportunità di leggerci ciò che con il proprio vissuto aveva esperito, sono caratterizzati da tratti a matita molto leggeri e sottili, tesi a riprodurre corpi femminili appena abbozzati caratterizzati da ombre.
I lavori di Palmieri rappresentano ancora oggi un punto di riferimento imprescindibile per gli artisti contemporanei grazie ad uno studio attento della tecnica che utilizzava per esprimersi. L’artista ha iniziato nel 1964 il suo percorso creativo che lo ha poi portato a realizzare mostre in Italia e a Parigi (dal ’68 al ’70). E’ stato uno dei primi artisti ad esporre nel Teatro Vittorio Emanuele subito dopo il restauro del 1987. Di lui parla la critica d’arte Anna Maimone: “Franco Palmieri apparteneva a quella ristretta cerchia di privilegiati per i quali conoscere è disegnare. La mano sollecitata da un occhio vigile, attento alle strutture, agli spessori, ai particolari trasferisce sul foglio ciò che è stato fermato dalla vista. Il disegno è stato per lui momento di un’attività più vasta, l’immaginazione, cioè la facoltà del conoscere e pensare mediante le immagini.
E se la percezione visiva elabora le informazioni provenienti dall’esterno e le traduce in informazioni più complesse, l’immagine che l’artista si impegna a fermare è per lo più in movimento. Per questo i corpi, che sono l’oggetto principale della sua ricerca, si scompongono e si moltiplicano. Sul foglio bianco si accavallano bocche, occhi, narici, fessure che rimandano al desiderio, all’accecamento della passione, allo sforzo di essere sinceri e autentici, almeno sulla tela, almeno nella propria arte”.