La Piccola Comunità Nuovi Orizzonti di Messina scrive al Papa e alle Istituzioni civili dell’Italia e dello Stato Città del Vaticano in merito all’intervento della S. Sede sul DDL Zan.
Da cittadini italiani, cristiani, cattolici, parte della Chiesa Apostolica Romana, siamo stupiti da questo intervento per più ragioni, di forma e di sostanza.
Sotto il profilo formale, questa grave iniziativa ci appare come una indebita interferenza nell’autonomia di scelta di uno Stato sovrano, libero e autonomo.
Non può concepirsi alcuna sede di valutazione delle leggi italiane diversa dal Parlamento repubblicano; la sola ipotesi di una preventiva concertazione ufficiale con rappresentanti di qualunque Stato estero (incluso il Vaticano costituirebbe un precedente che ci appare irrispettoso non solamente dell’autonomia dello Stato Italiano, ma anche del precetto evangelico di laicità e alterità dell’ordine civile sintetizzato nella risposta di Gesù alla farisaica domanda di provocazione sulla liceità del tributo a Cesare: «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio» (Mc 12, 13-17; Mt 22, 15-22; Lc 20, 20-26).
Sotto il profilo sostanziale, si ritengono infondate le lamentele dalla nota del Vaticano, come ufficialmente commentate (https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2021-06/ddl-zan-omotransfobia-nota-verbale-segreteria-stato-mirabelli.html). Il DDL Zan tutela cittadini oggetto con preoccupante frequenza di odio sociale e di atti di violenza fisica e morale. Un valore che, da cattolici intendiamo certamente sostenere in maniera convinta e per convinta coerenza coi nostri principi di fede. Un approfondito esame dei 10 articoli della proposta normativa (cfr. la lettera e il documento di commento tecnico allegato) di fa affermare che né nella lettera né nello spirito, il DDL contiene disposizioni o norme in grado di compromettere o di comprimere le libertà sancite all’articolo 2, commi 1 e 3 del Concordato: col DDL nessun comportamento o professione di adesione a comportamenti viene imposto ad alcuno.
Anche l’ipotesi che la libertà di insegnamento sia compromessa dall’approvazione della legge è totalmente infondata.
L’art. 7 del DDL Zan, infatti, istituisce la “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia” e stabilisce l’organizzazione di iniziative per « promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione» e dispone che «Le scuole, nel rispetto del piano triennale dell’offerta formativa (…) e del patto educativo di corresponsabilità (…) provvedono alle attività di cui al precedente periodo». La norma infatti non fissa programmi, ma dà un indirizzo e responsabilizza i singoli istituti scolastici nella piena autonomia dei piani triennali dell’offerta formativa (PTOF) e nei patti educativi di corresponsabilità, che definiranno i contenuti specifici e delle modalità di attuazione dell’indirizzo. È impensabile che le scuole cattoliche non abbiano la capacità culturale e la maturità educativa per trasmettere un messaggio di integrazione e tolleranza che, riferito a persone con orientamento sessuale non tradizionale, non implichi la trasmissione di messaggi culturali ambigui o fuorvianti. Ipotizzare, come sentito, che in tal modo si farebbe propaganda alla cultura “gender” è privo di ogni fondamento: è come affermare che le manifestazioni attuate nel “giorno della memoria” obbligano a fare propaganda per la religione ebraica.