Scindere la Shoah, catastrofe, dall’ Olocausto, che in ebraico vuol dire sacrificio, non è possibile.
La tragedia della follia divenuta globale, per mano di un folle, è tragedia che non può essere dimenticata.
Venerdi 27 gennaio, giorno della memoria, è di fondamentale importanza.
È la storia di un fatale e irrimediabile destino provocato dalla pseudo-razza superiore, che nel secolo scorso non ha risparmiato neanche la Sicilia.
Un treno di deportati dalla stazione di Palermo era diretto verso la Campania.
I monasteri di San Bartolomeo e dell’Immacolata Concezione erano divenuti campi di prigionia. Come un’espiazione verso i campi di sterminio, l’11 luglio 1940, quando professori, studenti, medici, lavoratori, venivano incatenati e costretti a salire sul treno della morte.
In Sicilia si credeva che con lo sbarco degli alleati nel 1943 fosse rallentato il dilagare della Shoah. Si pensava che avesse contribuito l’allontanamento di tanti siciliani che dalla loro terra, sarebbero stati internati nei campi di concentramento nazisti. Tra quelli che mostrano testimonianze c’è la scrittrice Giovanna D’Amico. Racconta che dal 1938 vi erano campi di prigionia in Calabria, Sicilia, Molise e Campania, punti di raccolta di ribelli ed ebrei. Da un censimento del 1938 se ne contavano circa 200 unità residenti sull’Isola. Certo è che Palermo non aveva posti per i riti della comunità ebraica. Niente Sinagoghe, luoghi per il bagno rituale, mattatoi per gli animali secondo i riti Kosher. Niente personaggi in grado di circoncidere, come si legge dalla storica Lucia Vincenti. Allora gli 800 deportati siciliani, da indagini storiche, forse si riferirebbero a sacerdoti, testimoni di Geova, omosessuali, etnie Rom, partigiani. Circa settecento siciliani, sarebbero stati deportati nel lager di Bolzano, poi ai campi di sterminio. La Sicilia dalla Shoah non fu isolata. Il “Manifesto della Razza” del 1938, essendo la Sicilia una terra con elementi razziali di vari popoli, potrebbe far riflettere sulla non completa appartenenza dei siciliani alla razza italica. Il numero dei siciliani coinvolti in quelle tristi vicende, tuttavia, documentano che la terra del sole non è stata esentata dalla Shoah. Gloria e decoro a chi ha subito questo obbrobrio. Insegnare alle generazioni future questa tragedia, ha un significato ben preciso. Il più logico dei significati è: ricordare, per evitare che il genocidio si ripeta.
Si può fare qualche esempio di donne siciliane, che hanno patito l’abominio.
Da alcune fonti storiche Olga Renata Castelli, nata a Palermo nel 1919. Da Firenze fu deportata, da Fossoli ad Auschwitz, morta dopo l’agosto del 1944.
Egle Segre, nata a Messina nel 1899, residenza Torino. Arrestata a Tradate (Va) nell’ottobre 1943, detenuta a Milano e deportata ad Auschwitz il 6 dicembre 1943, uccisa subito dopo l’arrivo.
Emma Moscato nata a Messina nel 1879, residenza Mantova, arrestata dai fascisti e deportata ad Auschwitz nell’aprile del 1944.
Di ogni carro-merci erano parecchie le donne, che sostavano nei lager, dopo aver sopportato l’umiliazione del tanto odiato numero tatuato sul braccio, che ne cancellava totalmente l’identità. Ricevevano un documento, segnato da una X rossa e da una stella. A poche prescelte fortuitamente, veniva assegnato un posto per non certo piacevoli mestieri. Le rimanenti donne venivano senza indugio uccise. La scelta di quel dieci per cento veniva fatto senza regole ben precise.
Quando poi nel luglio del 1943 la Sicilia venne liberata dagli anglo americani, il generale Eisenhower abolì le leggi razziali.
Fu, così, che gli ebrei poterono ritornare alle loro attività precedenti. Pian piano in Sicilia si ristabilì la quotidianità. La storia, dunque, ci insegna a non dimenticare il feroce antisemitismo, a imparare dagli errori passati per migliorare il presente e il futuro. La guerra è odio e viltà, cui gli innocenti sono le vere vittime immolate. Senza memoria dello sterminio dell’Olocausto, è impossibile ricostruire la storia della libertà.
Il “Giorno della Memoria”, perciò, deve cooperare, perché mai più si ripeta ciò che è avvenuto. Il “giorno della memoria” deve, infine, servire a consolidare il legame civile e morale tra gli uomini, senza alcuna diversità.