Chi vuole veramente conoscere la Sicilia, non può esimersi dal visitare e conoscere la storia arcaica dell’isola delle Femmine, in provincia di Palermo! La leggenda trae origini dalla vicenda, che descrive nell’isolotto, la presenza di un penitenziario per sole donne. Ciò si evince dalle testimonianze di Plinio il Giovane (avvocato, scrittore e magistrato romano) nel 62 d.c., in una lettera inviata all’imperatore Traiano. L’origine del nome del luogo sembrerebbe risalire al latino, insula fimi, cioè “Isola di Eufemio”. Costui era un generale bizantino ed anche governatore della provincia di Palermo. Documenti, testimonianze di resti archeologici e fonti certe, farebbero pensare al periodo delle guerre puniche. È possibile che, per qualche insediamento proveniente da Cartagine, il luogo rappresentasse un porto sicuro, sul retro dell’isoletta come scudo dai venti del vicino oriente. Una scritta ecclesiastica di Monreale del 1912 farebbe dedurre che, con il nome di “isola di fimi” si vorrebbe fare intendere quell’isola che si estende fino a Punta Raisi (Carini). Lì dove sorge un porto, che era detto prope portum gali, Porto di Gallo, oggi viene denominata Grotta dell’Olio. Con il tempo fu costruita la tonnara di fimi, dal latino fimis, riproduzione dall’arabo fimi(bocca). Questo termine in dialetto si rafforzò in “fimmini”, in italiano femmine o donne. La tonnara, dopo l’anno mille, andò in dono da Guglielmo II al vescovo di Monreale, notizia confermata da Federico II nelle sue lettere dei primi anni del 1300. La pirateria in tutto il bacino Mediterraneo procurò aggravi ai traffici marittimi e nell’Isola delle Femmine si predisposero strategie difensive per combattere sbarchi dei nemici. Nel XVI sec. vennero costruite, come difesa, centinaia di torri. L’attività principale è la pesca, in particolare quella del tonno, ancora oggi risorsa principale. La ricchezza della fauna marina ed il clima permisero lo sviluppo urbano della borgata marinara, nel centro urbano denominato Tonnara, chiamato in dialetto “Capaci iusu”, Capaci sotto. Qui venivano calate le tonnare; successivamente il nome fu tramutato in Isola delle Femmine. Agli inizi del 1900 buona parte degli isolani emigrò in imbarcazioni dette “Capaciote “. L’emigrazione verso il sogno americano continuò con la fondazione del borgo di Pittsburg, sul fiume Sacramento, a San Francisco. Sono molte le leggende sull’isola delle Femmine. Molto si è discusso sull’origine del nome. Diverse ipotesi si sono fatte per la presenza di una torre, ora diroccata ed antica prigione per sole donne. Un’altro mito è quello delle 13 ragazze turche abbandonate su una barca. Si narra che dopo giorni di deriva furono sbattute dalle onde impetuose sull’isolotto, dove rimasero per sette anni. C’è ancora una leggenda che racconta che il nome nasca da un presunto conte di Capaci che, innamorato di una donna che lo rifiutò, l’abbandonò sull’isola. Costei, sola e disperata si suicidò. Una quarta leggenda si riallaccia a Plinio il Giovane, in cui racconta che l’isola fosse la residenza di bellissime giovani, offerte ai vincitori di guerra. Il territorio della costa di Capaci, tuttavia, ha un fascino particolare. Il sole cade a strapiombo sul mare, con colori rossi, arancioni, viola e azzurri, uno degli spettacoli più belli della Sicilia. Esiste un’altra torre sulla terra ferma, detta Torre di “dentro”; quella sull’isola è chiamata di “fuori”. Oggi è una riserva naturale , gestita dalla Lega italiana per la protezione degli uccelli. L’isola delle Femmine, insula di mistero e segreti arcani, desta curiosità e attrazione per tutti gli appassionati studiosi del mondo. Nonostante l’ubicazione non certo al di fuori del centro abitato, i turisti non vedono l’ora di andarla a visitare. La curiosità filtra dalla loro bramosia di andare a bagnarsi in quelle stesse acque, che rispecchiano incantesimi e magie.
Il popolo siciliano da sempre custodisce nel cuore, il desiderio dell’imperscrutabile ignoto, decifrato attraverso i miti, gli usi e le tradizioni della propria terra . È quella Sicilia che tutto il mondo ama, dove la frase ”isola delle femmine” sigilla, ancora una volta, il trionfo del nome della donna, unico e indissolubile, nome che emerge nell’arcaicità di una terra antica, ma sempre ”femmina”.